LA
"GENERAZIONE
CHE SMOTORAVA" |
SE POSSIAMO
fare una distinzione tra Elvis e Chuck Berry, diremmo che
il figlio di mamma
Gladys si muoveva al dondolante ritmo di
un Memphis Train, mentre Johnny B.
Chuck “smotorava su per la collina”, per usare una delle sue
colorite espressioni. Il rock nasce lì, alla metà degli anni Sessanta, e la
novità della |
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musica spiega questo cambio di guardia tra
mezzi di trasporto. Il treno, che era stato
tappeto magico e fonte di ispirazione
per
cantanti
di blues e di folk, ad un tratto diventa vecchio e lento: il
ritmo del
rock’n’roll suggerisce brucianti accellerazioni sulle highways e non più
placide malinconie sui leggendari freight
trains, i merci usati da Leadbelly,Woody Guthrie
e Jack Kerouac di On The Road. Chuck Berry è il primo a cantare questo
passaggio con Maybellene, inno all’automobile,
e prosegue con No
Money Down, dove si delinea il ritratto dei nuovi teen-agers,
che sognano di girare l’America a bordo di scintillanti Cadillac
decappottabili con ruote
cromate, e ovviamente con
l'impianto stereo che trasmette musica rock’n’roll. Non
ci sono molti emuli letterari di Berry, ma al di là dei testi delle canzoni
una
folta schiera di musicisti e rockstars era solita muoversi quasi 365
giorni all’anno per montare e smontare i palchi dei |
loro concerti in giro
per l’America. Qualcuno poi è vittima di questa vita eccitante e dannata: Buddy
Holly e
Ritchie
Valens muoiono in aereo durante una trasferta del loro
frenetico tour. Negli anni Sessanta, qualcuno cerca
di riproporre gli stessi schemi: il nuovo Chuck
Berry è Brian Wilson, leader dei Beach Boys, che rinfresca il mito delle cars&girls in canzoni come Little Deuce Coupè o Spirit Of America. Ma in questo caso, più che per |
avventurose fughe on the road,l’automobile è
vista come gingillo per vanitosi “rimorchi” e infiniti giri in tondo,
dalle
città alle spiagge dei surf, dai drive-in
ai
nascondigli amorosi. Ma ben
presto
il folk
diventa la “cosa nuova” della musica
giovane
e il passo all’improvviso rallenta.
Bob
Dylan, il grande campione della nuova
scuola, ama tornare alle metafore delle
strade
ferrate, sentendosi bluesman e folk-
singer d’altri tempi; e quando parla della vita
“down the highway”, lo fa
senza mettere l’accento sulla velocità, nel suo mondo basta il ritmo
tranquillo dell’autostop. La
droga invece porta molti artisti a vedere le cose diver-samente, l’acido aiuta
lo stesso Dylan a scrivere di “incubi motorpsichici”, e poi a tratteggiare
la leggendaria figura di viaggiatore psichedelico,
Mr.
Tambourine. Sul finire dei Sessanta, i
”viaggi della mente” trionfano: i Byrds
si spingono |
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8 Miglia In Alto e poi oltre, nella Quinta
Dimensione, i Jefferson
Airplane volano nel Paese delle meraviglie
(White Rabbit) e riescono a
percorrere 3/5 di Miglio In 10 Secondi. Jimi Hendrix si proietta
oltre i
confini dello spazio mandando inauditi segnali dal Terzo Asteroide dal Sole.
L’auto sembra superata nell’età della psichedelica e del “progressive”,
al mondo hippie non sembra né romantica né ecologica.
La “restaura- |
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zione” degli anni Settanta
riporta il mondo rock giù dalle nuvole. Tom Waits, con Ol’55,
con toni eccitati evoca il mondo di freeways, cars and
trucks; con Neil Young, in Long
May You Run, il mito dell’auto ritorna più forte che mai, ma
è Bruce
Springsteen il Chuck Berry degli anni nuovi, il poeta delle strade e dei
frenetici spostamenti.Nessuno come lui, in tutta la storia del rock, è
attratto e quasi ossessionato dall’
idea
dell’auto e del viaggio.
Strade in fiamme, cromo e rumore di motori a iniezione
segnano a fondo le sue
canzoni dagli esordi, almeno fino a Nebraska,
l’ultimo album in cui Springsteen è totalmente se stesso. I
suoi personaggi
sono “vagabondi nati per correre”,
piccoli delinquenti in fuga dalla società, ma anche giovani romantici, poliziotti, benzinai.
L’auto è creatura magica per sfide agli altri
e al mondo (Lost In The
Flood, Jungle-land, Racing In The Street) o amorevole riparo per innamorati (Backstreets). Ed è sesso puro, fantasia erotica di
dominio, come il protagonista di The Angel, che “corre curvando la
sua troia di metallo massiccio”. Per Springsteen l’auto è vita e morte; e, quando tutto è finito, come cantano i versi di Cadillac Ranch, “Buttate il mio corpo sul sedile posteriore /
e portatemi al cimitero delle
automobili sulla mia Cadillac”. |
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